La Fondazione Cassa di Risparmio di Torino ha sostenuto i IX Giochi Paralimpici Invernali di Torino 2006 con un contributo di 20 milioni di euro e ha agito come “primo tifoso” dei Giochi, intervenendo direttamente nell’organizzazione per tutelarne il messaggio sociale. La reazione suscitata dall’evento e la percezione che le Paralimpiadi di Torino 2006 abbiano rappresentato un salto di qualità nella storia della manifestazione hanno spinto la Fondazione CRT a raccogliere l’eredità di questo impegno per metterla a frutto nelle proprie attività e per trasmetterla agli organizzatori delle future edizioni: da qui trae origine un filone di attività attenta all’inclusione delle persone con disabilità che va sotto il nome di Paralympic Legacy.

Nel solco di questa eredità, la Fondazione CRT ha rinnovato il proprio impegno nella ricerca di nuovi modelli di sviluppo e di mobilità per un’accessibilità universale, ospitando a Torino nell’ottobre 2009 il Forum Internazionale della Global Partnership for Disability and Development Forum istituita dalla World Bank. Intorno a questo importante appuntamento ha deciso di promuovere una serie di eventi culturali, sportivi e sociali offerti a tutti i cittadini, nella convinzione che la massimizzazione dell’inclusione sociale ’instaura necessariamente sulle basi del dialogo e della reciproca esperienza.

Nel quadro di questo programma, significativamente chiamato Beyond Paralympics cosi come molte altre attività di settore della Fondazione, è allestita anche la mostra Sportinarte, che presenta una collezione di opere di proprietà del CONI aventi a tema il superamento del limite. Tema perfettamente coerente – al di là dell’ambito sportivo olimpico e paralimpico – con l’intenzione di proporre una visione inclusiva ed aperta della disabilità che la Fondazione CRT intende mantenere come asse portante delle proprie politiche di intervento andando appunto “oltre le Paralimpiadi”. Beyond Paralympics!

Andrea Comba
Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Torino

A nome del CONI piemontese che rappresento e, in particolare, a nome di tutte le discipline sportive in esso raggruppate, sono lieto di dare il benvenuto a questa esposizione che traSforma in arte tutti quei valori che solo lo sport da sempre esprime in ogni sua forma: confronto, integrazione, rispetto dell’altro, superamento e accettazione del limite, riscatto, sconfitta, vittoria, benessere fisico, sacrificio, fatica, talento. Ed è particolarmente bello e significativo che tutti questi valori siano espressi in una mostra dedicata allo sport paralimpico: è la dimostrazione del fatto che lo sport non ha confini così come l’arte, che in questa occasione gli da voce e rappresentazione attraverso il suo linguaggio universale; lo stesso linguaggio universale proprio dello sport, che oggi più che mai e più di ogni altra cosa costituisce un mezzo di grande integrazione per le persone disabili: attraverso lo sport il mondo dei disabili riesce a richiamare l’attenzione su di sé, ponendo al mondo dei normodotati importanti domande e riflessioni.

Grazie, dunque, agli artisti che dallo sport hanno tratto ispirazione per le loro opere: la loro arte dà voce a un profondo messaggio sociale e di attualità che non potrà che fare un gran bene al mondo.

Gianfranco Porqueddu
Presidente Comitato Regionale CONI Piemonte

Lo sport è una questione di cuore.

C’entra anche il corpo, certo: la forza, la perfezione, l’impegno, l’entusiasmo.

Come nell’arte. L’opera che resiste al tempo, quella che svetta su tutte, che si ricorda, si guarda volentieri, si vorrebbe possedere, non è soltanto materia: ha dentro un’anima.

L’incontro, sulla scia dei Giochi Olimpici di Pechino, della cultura italiana con un pubblico internazionale, ma soprattutto cinese – quel popolo di antichissima cultura che da sempre, è quasi superfluo ricordarne i contatti già con l’impero romano e poi con la Venezia di Marco Polo, ha avuto rapporti privilegiati con il nostro -, è stimolo per una riflessione su ciò che spinge l’osservatore ad avvicinarsi all’opera d’arte: non come ad un oggetto ordinario, bensì per scorgerne ed ammirarne l’eccezionalità. Ciò che la trasforma in una cosa viva.

II “significato”.

Pittura, scultura, disegno, incisione, fotografia, musica sono linguaggi.

Il tramite con cui l’artista comunica la propria idea, le sue sensazioni, i suoi sentimenti, suscitando in chi guarda (lo “ascolta” in questo sentire concorde) un’emozione. Creando un dialogo che corre sui binari sconosciuti ed invisibili della comune vibrazione che, in un’assonanza misteriosa e coinvolgente, lo unisce con chi in ogni luogo e tempo si troverà a contatto con la sua opera. E non importa che colui che ne è l’autore voglia proprio esprimere ciò che prova chi la guarderà. Perché i significati sono infiniti, ed ognuno sarà importante.

Quello che a Pechino potrebbe, però, incuriosire di più i visitatori della mostra dei nostri artisti, sarà certamente il modo in cui noi italiani esprimiamo oggi questo “significato”, supportati da una profonda coscienza del nostro passato – che anche nei momenti di più intensa ricerca innovativa ricorda la classicità delle origini di una cultura marcata dal senso dell’unità e della simmetria, da una subliminale nostalgia della convergenza tra arte e vita, dalla sensibilità mediterranea verso la natura intesa come presenza rigenerante -, in una visione spontanea e dinamica della creatività, collegata a continui processi di sviluppo e sperimentazione. Soprattutto in un momento così segnato dal fenomeno della “globalizzazione”, che ha improvvisamente portato a contatto e confronto civiltà e popoli finora vagamente e superficialmente conosciuti, ed adesso compagni di viaggio, vicendevolmente sedotti da reciproche conoscenze ed influenze culturali, per uno scambio di attenzioni e di sensibilità.

E quindi importante notare come questa rassegna giunga a rappresentare, nel Paese culla dell’antica definizione ed esaltazione del “simbolo”, quale testimonianza immutata per millenni a costituire nella cultura orientale un linguaggio comune ed universale del significato, quella che è invece ancora la nostra forma: fondata – sotto la spinta rinascimentale al riconoscimento dell’individualità del pensiero, ed all’esaltazione della genialità dell’invenzione e della virtù della diversità -, sulla “espressione”.

La pluralità dei linguaggi proposti in questa esposizione, l’aspirazione alla rappresentazione di una realtà felicemente “estetica”, la lettura delle rapportabile ad uno stile che non vuole più contrapporre la figurazione all’astrazione ma aggregarne gli elementi espressivi, testimoniano la potenzialità dell’Italia, fervida fucina della creazione artistica. Di un Paese che, arsenale munifico delle immagini che nell’ultimo secolo hanno contribuito efficacemente alla costruzione dell’edificio dell’arte universale contemporanea (Futurismo, Metafisica, Poverismo, Transavanguardia), vuole ancora una volta riconoscere e sublimare il valore della fantasia dell’uomo che esprime in maniera solitaria la propria capacità inventiva, superando – con un atteggiamento che lega saldamente l’arte con lo sport: l’affermazione della forza dello stile – le differenze di una società che distingue ed afferma quella ricchezza culturale che si entusiasma nella complessità delle individualità.

Gianfranco Schialvino

È con vero piacere e soddisfazione che saluto la mostra “SPORTinARTE” che sicuramente contribuirà a dare maggior lustro agli eventi in programma in questi giorni nella città di Torino. Da sempre l’Arte e lo Sport hanno punti di raccordo. L’Arte ha sempre guardato affascinata il corpo dell’atleta e la componente dell’umanità che nello sport è così immediatamente rivelata e, come evidenziano le opere qui raffigurate, ne ha spesso cercato e celebrato i fondamentali valori: il messaggio di pace, di dialogo, di fair play così come la volontà, lo spirito di sacrificio e la forza di superare se stessi e gli altri. Un excursus di opere che ci immettono nell’ebbrezza delle pulsioni agonistiche, della grandezza dell’essere umano, delle emozioni che soltanto i più grandi eventi sportivi, i Giochi Olimpici e i Giochi Paralimpici, ci possono regalare. Rivolgo pertanto, a nome mio personale e del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, la più viva gratitudine agli artisti italiani che hanno realizzato queste opere, per aver impiegato il loro talento e la loro professionalità a favore del mondo sportivo, così come rivolgo i più vivi complimenti per l’ottima organizzazione agli ideatori di questa brillante iniziativa.

Giovanni Petrucci
Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano

Mi sento di esprimere grande apprezzamento e ammirazione, per l’iniziativa di compilare un catalogo d’arte che raccontasse i Giochi Paralimpici, perché è progetto di spessore che guarda lontano, legando a doppio giro arte e movimento, come aspetti complementari della Cultura in senso lato.

Bellezza e salute, interiore ed esteriore, sono i miti del nostro tempo, ma soprattutto ideali antichissimi, attributi stessi delle divinità e degli eroi olimpici.

Aver voluto sondare la complessità della pratica sportiva, pur di vertice, delle persone disabili con il linguaggio universale per antonomasia, quello dell’arte, è cosa di cui essere orgogliosi e rendervi merito.

Ho scorso piacevolmente le pagine della rassegna. Incredibilmente, o forse no, c’è tutto il nostro mondo paralimpico o forse dovrei dire l’intero mondo dello sport, in generale: i segni della tensione e dello slancio emotivo, la fatica indescrivibile della prova, la lacerazione della doppia sconfitta, con sè e con l’altro, l’ideale fusione di genti lontane, l’ardore della sfida, la consapevolezza di superare il ‘banale’ limite fisico. Spesso si coglie la drammatica lontananza degli antichi ideali olimpici, ma al tempo stesso la forte nostalgia che ne abbiamo tutti.

Forse Paul Klee ha colto meglio di tutti la vera essenza del fare arte, con un celebre aforisma che, mi sento di dire, calza perfettamente anche al movimento paralimpico e ai suoi valori: “L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che spesso non lo è”.

E invisibile, agli occhi della gente, è il desiderio di vera integrazione che hanno gli atleti disabili, la possibilità di gareggiare ad armi pari con i colleghi normodotati, il riconoscimento del pieno diritto alla pratica sportiva, la voglia di sentirsi una parte ricca e importante, del grande, unico mondo che è lo Sport.

Luca Pancalli
Presidente Nazionale Comitato Italiano Paralimpico
Vice Presidente CONI

Non c’è limite allo sport

Questa mostra – fortemente voluta da Giuliana Valenza in sintonia ed in contemporanea con la Giornata Nazionale dello Sport Paralimpico e le quattro giornate di Paralympic Legacy – porta con sé almeno tre temi, che presuppongono stimolanti riflessioni: lo sport, l’arte e i limite. Non a caso, lo slogan del progetto è “Libera la mente – supera i confini”. Superare i propri limiti, infatti è un obiettivo sia fisico che culturale, e nello sport paralimpico questo à ancora più vero, dal momento che ciò che di solito è un “limite” dell’essere umano, si trasforma nell’occasione di cogliere un successo non solo personale ma anche collettivo.

Questo è anche lo scopo della mostra, perché arte e sport, cultura e movimento, confronto con se stessi e con gli altri, sono binomi che vanno a braccetto fin dall’antichità.

L’arte ha infatti sempre guardato affascinata il corpo perfetto dell’atleta, ne ha indagato la psicologia, ne ha esaltato i gesti, ha spesso cercato e rivelato i valori anche morali che stanno alla base dello sport: un fenomeno che da sempre, e non solo nella nostra cultura, ha creato eroi e miti.

In questa mostra, in cui la pittura si alterna all’incisione, lo sport è uno scenario, a volte semplicemente un pretesto di cui l’artista si appropria per evidenziare un denominatore comune che sta alla base sia dello sport che dell’arte: la ricerca della qualità etica della vita, il desiderio di esprimere le proprie potenzialità fisiche e morali, la volontà di superare e superarsi, la necessità di libertà e di rispetto reciproco. È in questi valori che lo spirito dell’atleta si fonde con quello dell’artista. Ed è con questo sentimento che bisogna osservare la mostra: un percorso che ci proietta nell’ebbrezza della passione agonistica, delle sfide contro il tempo o contro un avversario, o solo contro i propri limiti, un viaggio in cui si incontrano, ormai da migliaia di anni, due espressioni umane che vanno (o che dovrebbero andare) al di là di qualsiasi idea politica e di qualsiasi ideologia. L’arte e lo sport, sono infatti anche portatori di messaggi di pace, creando un legame che unisce tra loro uomini e donne di ogni nazionalità, di ogni razza, e di ogni ceto sociale.

Le individualità degli atleti e degli sport che rappresentano, miti antichi ed eroi moderni, accompagnano il visitatore che vedrà in questa esposizione non già l’esaltazione delle discipline sportive praticate da atleti disabili, ma gli alti valori etici che da questa attività si ricavano

Marilina Di Cataldo

Mi fa particolarmente piacere dare il saluto del Comitato Italiano Paralimpico del Piemonte in una mostra che solo apparentemente non parla di Paralimpiadi e di sport praticato da atleti con disabilità.

I quadri esposti rappresentano i valori, le sfide che ogni atleta fa propri nel corso della vita sportiva e non solo: gli artisti che hanno voluto sottolineare il superamento dei limiti, la voglia di riuscire, la competizione con sé stessi non fanno altro che rappresentare la condizione dell’atleta a dimostrazione che si è atleti, punto e basta.

Gli aggettivi di appartenenza, nazione, credo politico o religioso, colore della pelle o una disabilità più o meno evidente, stanno a identificare unicamente una caratteristica della persona, ma non una valenza sportiva; per questo vorrei accomunare idealmente in questi quadri tutti gli atleti che hanno partecipato alle Paralimpiadi di Pechino, in particolare gli atleti italiani e tutti quei giovani che troveranno la forza ed il coraggio per avvicinarsi all’attività sportiva.

Vorrei riprendere due frasi della campagna di comunicazione delle Paralimpiadi di Torino 2006: “al disco non importa quante gambe hai” oppure “alla pista non importa che tu ci veda o no”: lo sport non fa differenze.

Grazie e in bocca al lupo a tutti gli atleti.

Tiziana Nasi
Presidente Comitato Italiano Paralimpico Piemonte